Samanta, passione sconfinata per il teatro e la poesia

Tiffany McDaniel. Bellissima e maledetta

Casa è un narratore che non riesce a ricordare se sia un’eroina o una criminale. Con questa frase apre la sua raccolta di poesie “Queste voci mi battono viva” l’autrice che vi presento quest’oggi: Tiffany McDaniel.

Giovanissima, statunitense dell’Ohio, classe 1985, Tiffany esordisce con il suo primo romanzo a soli 18 anni ed è subito il caso letterario dell’anno. Dall’Ohio racconta il bene e il male che albergano in ognuno di noi senza pudore né vergogna. Se potessimo paragonarla ad un pittore penserei a Francis Bacon per intendersi, stessa drammatica disinvoltura nel rappresentare il lato orribile di ognuno di noi.

Tiffany McDaniel era già conosciuta dal pubblico per i suoi romanzi, “L’estate che sciolse ogni cosa” e “Il caos da cui veniamo”, quando esordisce in poesia dove mostra la saggezza di una vecchia signora nella sua inaspettata raccolta “Queste voci mi battono viva” (Atlantide, traduzione di Simone Caltabellota) pubblicata in contemporanea al secondo romanzo con il quale condivide immagini, sensazioni, ma soprattutto l’estraniamento di una figura femminile che non vuole e non riesce ad accettare la sua condizione in una società in cui il sesso appare come una maledizione per le donne: “Il sesso era usato come strumento di supremazia sulle donne. Ho cercato di dare voce a chi è stato messo a tacere”. Racconta questo Tiffany McDaniel intervistata da Repubblica alla domanda su cosa intendesse trasmettere con i suoi lavori, e ancora: “Il male sta in equilibrio in tutto il nostro sangue”. Tiffany ha sempre presente che il bene e il male sono dentro ognuno di noi e da sempre questa dualità sembra affascinarla. Mentre i suoi romanzi si svolgono in atmosfere gotiche, le poesie sono essenziali, quasi scarnificate. Per undici anni i suoi manoscritti sono stati rifiutati dagli editori con la motivazione che li consideravano troppo cupi e  troppo rischiosi da pubblicare. A questi continui rifiuti Tiffany risponde accusando il mondo dell’editoria di essere sessista e di ghettizzare la cosiddetta letteratura femminile: “Affronto temi cupi e questo è inammissibile: una donna che esplora il buio è reputata rischiosa”.

Tiffany McDaniel non è sui social media, vive ancora in un paese sperduto dell’Ohio. Conduce una vita ritirata grazie alla quale  i suoi pensieri prendono forma come scritti, racconti e poesie, tutti veri e propri testamenti della verità nascosta da una società, quella americana, che non ammette né la bruttura dell’essere umano né il suo inesorabile fallimento.

Tiffany McDaniel

Goliarda Sapienza. Ritratto.

Oggi Samanta dell’Associazione culturale Pandora vi presenta Goliarda Sapienza nella sua veste più intima attraverso la sua raccolta di poesie “Ancestrale”, uscita postuma.

Goliarda nasce il 10 maggio 1924 a Catania. E’ attrice teatrale, attrice cinematografica e scrittrice. Figlia di Giuseppe Sapienza e Maria Giudice (sua madre è stata la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino), crebbe, per volere dei genitori, in un clima di assoluta libertà da vincoli sociali: il padre ritenne opportuno non farle nemmeno frequentare la scuola, per evitare che la figlia fosse soggetta a imposizioni e influenze fasciste.  Lasciò presto la carriera di attrice per dedicarsi alla scrittura. Il suo primo romanzo fu Lettera aperta (1967), che raccontava l’infanzia catanese, seguito da Il filo di mezzogiorno (1969) resoconto della terapia psicanalitica con il medico messinese Ignazio Majore.

Nel 1980 finì in carcere per un furto di oggetti in casa di amiche. Sempre in carcere, ma anche successivamente, continuò l’opera di scrittrice pubblicando alcune sue opere come L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio,  grazie all’incontro con il conterraneo poeta ed editore Beppe Costa, che si batté a lungo per lei. Goliarda Sapienza riuscì comunque a pubblicare, con la sua casa editrice Pellicanolibri, Le certezze del dubbio, 1987 e fu premiata successivamente in occasione del Premio Casalotti 1994. Il suo romanzo più celebre, L’arte della gioia, fu pubblicato postumo per intero da Stampa Alternativa nel 1998.

Goliarda ha sempre vissuto non inquadrata in un panorama letterario, scriveva e basta. Il suo percorso di scrittrice è stato fortemente segnato dalle delusioni ma non per questo è scesa mai a patti con un pubblico o un critico.

Questa raccolta di poesie inedita dagli anni 50, è in realtà l’atto di nascita dell’esistenza letteraria di Goliarda che non volle pubblicare in vita poiché il suo pudore non poteva superare certi scogli. Questa raccolta era tutto il suo pudore.

“Guardami: sono nuda”

Con questa frase di Antonia Pozzi vorrei invitarvi a scoprire questa meravigliosa poetessa e la forza della sua lirica. Antonia nasce a Milano nel 1912 in una famiglia benestante, vive la sua infanzia in una villa nobiliare, segue studi classici ed ama l’alpinismo. La sua breve vita è costellata da grandi amori impossibili, ostacolati o non ricambiati e dal suo costante rifiuto dei totalitarismi che laceravano la quotidianità dei suoi giorni. Nel 1938 Antonia attraversa una forte crisi emotiva scatenata dallo choc della promulgazione delle leggi razziali che costringono alcuni dei suoi amici più cari ad espatriare. Una crisi dalla quale non si riprenderà più. Le sue poesie non hanno nulla di referenziale, sono riflessi della sua mente, dove la sua patria è l’altrove, la strada. La sua poesia è per lei una maternità più vasta, un controcanto alla disciplina e alla educazione che le appartengono. Così il 2 dicembre del 1938 Antonia si sdraia in un fosso, una mattina qualsiasi al ritorno dalla scuola dove insegnava, si imbottisce di barbiturici e si lascia morire lasciando espresse le sue volontà: “Desidero essere sepolta… fra cespi di rododendro. Mi  ritroverete in tutti i fossi che ho tanto amato. E non piangete perché io sono in pace”.

Buon viaggio…
Samanta Tesi, Associazione culturale Pandora

Chiara Foianesi, attrice e speaker radiofonica, legge la poesia “Vertigine” di Antonia Pozzi